EDICOLA

From 23 October to 24 November 2025

Pastasciutta antifascista

Francesca Mazzagatti

Il dipinto colpisce per la sua capacità di fondere un linguaggio pittorico tradizionale che rimane sospeso tra il documento e il sogno, un realismo sfocato che diventa memoria surreale e straniante. Le due figure, chine e raccolte, sembrano immerse in un gesto quotidiano – il mangiare – ma il contesto li trasporta altrove, rappresentando la dignità della fame e della condivisione, la forza civile che nasce dall’umiltà del quotidiano.
La mano che dall’alto porge la forchetta, in questo contesto, può essere letta come simbolo di un aiuto fraterno, ma anche come richiamo iconico e struggente alla grazia e alla speranza in tempi tragici.
Dominata da toni freddi e polverosi, la pittura evoca una memoria fotografica sbiadita, quasi un’immagine d’archivio riemersa dal tempo. La montagna sullo sfondo, insieme alle nuvole-pennacchi, rafforza il senso di un’Italia ferita ma capace di sollevarsi, e gli accenti rosati sul bordo superiore suggeriscono un equilibrio tra malinconia e luce.
Non c’è retorica, bensì una compassione distillata: la pittura come atto di memoria, ma anche come gesto di resistenza poetica, una riflessione sul nutrimento mate- riale e ideale, un rituale apparentemente comune, una parabola sul bisogno e sulla dipendenza.

L’opera è un omaggio alla famiglia Cervi che il 25 luglio del 1943, in occasione dell’arresto di Benito Mussolini, festeggiò cucinando 380 kg di pasta al burro e parmigiano (pastasciutta) per tutto il loro paese, Compegine (RE). I sette fratelli Cervi vennero fucilati dai fascisti alla fine dello stesso anno, mentre il padre Alcide venne arrestato e solo due anni dopo, all’uscita dal carcere, venne a sapere della tragica morte dei suoi figli. Egli divenne un portavoce della resistenza partigiana fino alla sua morte nel 1970.

Francesca Mazzagatti